Il derby di Andrea Degidi, il capo della redazione ravennate del Carlino che per anni in gioventù ha seguito il Forlì di cui è ancora tifoso. Perché nella lettera al blog che leggete sotto Andrea - che ringrazio da qui al prossimo scudetto dell'Inter - scrive di sentirsi in questi giorni tra due bandiere. Ma noi che lo conosciamo sappiamo benissimo da quale parte sta.
C'era un albo del vecchio Tex Willer che descrive bene le sensazioni attuali, si intitolava 'Fra due bandiere'. E così capita di essere forlivesi al 100% ma di lavorare da più di 4 anni al Carlino di Ravenna, in una città dove la vita è un continuo derby. Appena 24 chilometri, di orrida Ravegnana, separano le due città. In un'altra nazione non cambierebbe niente, sarebbero due quartieri della stessa realtà, da noi ovviamente no. Da noi nessuna città accetta di fare un passo indietro rispetto alla vicina di casa: siamo nati così e moriremo così, rassegnatevi, anche se spesso, molto spesso, questo campanilismo di retroguardia mi mette tristezza. La tacchetta fra vicini di casa è piacevole solo quando è divertente. Esempio, un giorno, tanti tanti anni fa, intervistai Andrea Pezzi, uomo di spettacolo ravennate che ora ha perso i capelli ma in cambio ha guadagnato come fidanzata nientepopodimenoche Cristiana Capotondi (ehm ehm). Al telefono mi chiese di dove fossi. 'Di Forlì' risposi. E lui: 'Allora guidi male la macchina', mi disse ridendo. Frase che potrei ricambiare pensando a due giorni fa, quando a una rotonda ravennate un'utilitaria mi ha tamponato per poi svignarsela appena il sottoscritto è sceso a constatare i danni. Va beh, ma torniamo a dove siamo partiti, la pietra filosofale delle nostre vite: il pallone. Del Forlì ho nella mente frammenti di gioventù: ricordo le scorribande di Marchini, la potenza di Listanti, l'eleganza di Vianello, il maratoneta biondo Bonini tenuto d'occhio dagli osservatori juventini, ricordo giocatori scarsi poi andati in serie A, come Sabato, ricordo Salvetti quando scartò mezzo Baracca Lugo prima di segnare, ricordo Calderoni, un amico. Ricordo giorni angoscianti, come lo 0-0 col Bastia, un rigore negato a Max Lucchi e una promozione volata via, la nera serata di Varese con la coppa Italia sfumata dopo un gol fallito all'inizio da Salvetti, ma il peggio è lo 0-0 in Versilia che costò la promozione, quel Forlì di Mirko Fabbri giocava un calcio che al Morgagni non ho mai visto prima nè dopo.
Ricordo una serata sul terrazzo di casa, bloccato da una malattia, a cercare di capire dalle urla dello stadio come andava Forlì-Piacenza, il match che avrebbe portato all'epica sfida col Milan in Coppa Italia, Internet a quei tempi non esisteva. Poi un giorno, le strade si incrociano. Il Forlì ha un'ottima squadra, chiaramente calibrata per un campionato superiore, il Ravenna di Mosconi si sta ritrovando e sta lentamente risalendo la corrente dopo vari cataclismi societari. Il Forlì ha dalla sua la qualità di una buona rosa, il Ravenna la passione e la storia, un pubblico caldo e ammirevolmente fedele che seguiva ogni trasferta anche quando la squadra era in Eccellenza. Da qui ha spiccato il volo un giovanissimo Christian Vieri (che ci dev'essere grato per avergli fatto scoprire il Pineta di Milano Marittima, con meraviglie annesse), qui si sono visti giocatori straordinari come Dell'Anno e un portiere come Toldo: tre giocatori che a Forlì si sognano, forse. Qui s'è vista la serie B guadagnata sul campo e festeggiata con spalti sempre pieni. Ravenna ribolle di passione per il calcio, ancora alla domenica anziani tifosi telefonano in redazione per chiedere il risultato, c'è fame di pallone: sono convinto che quando il Ravenna risalirà qualche categoria, perché è solo questione di tempo, il Benelli tornerà pieno come un uovo, e magari un po' ristrutturato. Che volete, è il derby. Quindi ci vediamo domenica al 'Benelli', fra due bandiere.
Andrea Degidi