mercoledì 19 ottobre 2011
Pennivendoli
Ogni anno, annosa e barbosissima, calciatori e dirigenti ripropongono agli addetti ai lavori una questione vecchia come il cucco: i giornalisti dei quotidiani locali devono essere anche tifosi della squadra di cui narrano le gesta? Devono smascherare gli inghippi societari e bastonare i calciatori meno talentuosi, oppure il loro primo pensiero dovrebbe andare al mantenimento dell'armonia di squadra e alla realizzazione degli obiettivi stagionali? Al sottoscritto la questione venne posta diversi anni fa dall'Altissimo Alberto Calderoni. Con la ragionevolezza che ne ha fatto una bandiera, Kalle proponeva un tavolo società-giornalisti al quale sedersi. 'Parliamone' disse Kalle. Già, parliamone.
Non è solo una questione di pagelle (in tanti casi sì, è quasi esclusivamente una questione di pagelle) ma proprio di rapporti. Di ruoli. Che a Forlì - magari anche altrove, ma certamente a Forlì - sono sempre molto permeabili. Fluttuanti. Volatili. Basta una domenica rovinosa per la squadra e il giornalista di turno, reo confesso di aver criticato il terzino o messo in rilievo statistiche vergognose, finisce in graticola: come, non eri nostro amico?
E che c'entra?
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