lunedì 14 aprile 2014

La strada in cui si crede



Di seguito i temi scritti dai ragazzi del liceo classico dopo l'incontro con Kalle, penultimo stagionale. 


Sport. Cos’è lo sport? Lo sport è il praticare un’ attività fisica (svolta da soli o in squadra) volta a migliorare sia le capacità fisiche che mentali dell’atleta. Lo sport non è solo competizione, l’importante non è arrivare primi. Lo sport è fatto di tante cose: di fatica, sì, ma anche di soddisfazione, la soddisfazione di aver dato il massimo, di essere stati leali e rispettosi (anche con chi non lo è stato), con la consapevolezza di poter sempre migliorare e di poter fare sempre affidamento su altre persone (compagni di squadra, allenatore, genitori …) anche quando si è in difficoltà.
A tal proposito appunto alcune parti di una lettera scritta da Matteo Balestri, membro della nostra classe che si dedica al gioco del calcio presso la “Pianta”, una società sportiva di Forlì. “ Il calcio è uno sport di squadra, che mi ha insegnato a consolidare lo spirito di gruppo. Vincere o perdere una partita non dipende tanto dalla prestazione personale, ma da quella della squadra. Noi ragazzi siamo una collettività, e tra noi non vi è competizione, ma spirito di collaborazione (come ci ha detto l’ex capitano del Forlì Roberto Calderoni durante l’incontro tenutosi a scuola), e per questo è fondamentale non accusarsi reciprocamente della sconfitta, ma incoraggiarsi ed aiutarsi, soprattutto nel momento del bisogno. Praticare uno sport individuale è molto più difficile, perché generalmente si mira più al successo personale che allo spirito di gruppo, e questo per mostrare al meglio le proprie capacità. Lo sport non deve essere una guerra tra atleti, ma deve insegnare a tutti a relazionarsi con gli altri in maniera sana ed efficace. Nella vita è fondamentale mettersi in gioco , e saper affrontare in maniera efficace sia le vittorie che le sconfitte, per imparare soprattutto dalle ultime, ed è per questo che io credo che lo sport abbia un ruolo centrale sia nella mia vita che in quella degli altri. Lo sport oggi non è ben visto, per tutto ciò che riguarda le scommesse illegali, il fanatismo (e a volte anche razzismo) dei tifosi, la spesso cattiva condotta degli idoli sportivi e infine anche il doping, che riduce lo spirito dello sport ad una pillola o una siringa.”.
Ma torniamo alla fatica. Svolgere un qualsiasi tipo di attività fisica è in sé stancante (anche a camminare ci si stanca), ma alcuni sport richiedo dei sacrifici non trascurabili. Per chi fa sport per tenersi in forma non sono poi cose così significative, ma per quelle persone che praticano sport a livello agonistico (e che sullo sport ci basano la loro vita, perché è quello il loro lavoro) le regole si fanno più rigide: bisogna tenersi costantemente in esercizio, non bere e non fumare al fine di restare in salute, avere una dieta giusta ed equilibrata, mantenere il giusto atteggiamento mentale per essere sicuri delle proprie possibilità, cercando costantemente di migliorare, di fare anche un solo passo avanti, perché migliorare non solo si può, ma si deve. Ma un’atleta non può migliorare all’infinito: anche se c’è chi ha un margine di progresso più esteso e chi ne ha uno più ristretto, tutti hanno un limite oltre il quale non si può andare. Questo è un dato di fatto, e lo si deve accettare. Bisogna ricordare bene che l’importante non è vincere, ma aver dato il massimo delle proprie possibilità.
Ma non sempre lo si accetta. Tra i tanti atleti onesti e “dai metodi tradizionali” ce ne sono altri che vogliono ottenere il massimo risultato col minimo sforzo, ridurre i tempi di miglioramento e superare il loro limite fisiologico. Ed è così che introduciamo l’argomento principale di questo manifesto: il doping.
Per definizione, il doping è l’assunzione di sostanze stupefacenti al fine di avere un innaturale miglioramento delle proprie capacità (in questo caso fisiche).
Per alcuni atleti (e per i medici che si arricchiscono prescrivendoglieli) questi farmaci rappresentano il futuro: essi hanno il potere di trasformarti un atleta perfetto, con forza e velocità mostruose, e diminuiscono sensibilmente la percezione della fatica, consentendo di compiere sforzi più prolungati e faticosi. Ma non è forse troppo bello? Come in tutte le cose, anche qui bisogna riconoscere l’altra faccia della medaglia. Da un punto di vista personale doparsi è una cosa giusta, se l’atleta che si dopa è disposto ad andare incontro ad un accelerato processo di decadimento fisico e psicologico causato da effetti come la deformazione ossea dovuta ad un eccessivo ed incontrollato aumento della massa muscolare, all’intasamento delle arterie a causa dell’eccessivo numero di globuli rossi (che vengono somministrati per aumentare l’apporto di energia ai muscoli), tumori che sono provocati dalle alterazioni che i farmaci causano ai vari tessuti muscolari, malattie come quella di Creutzfeld, che provoca un forte decadimento mentale (che può risultare anche fatale), disturbi alle ghiandole ormonali (come la tiroide) con consecutive disfunzioni … va poi ricordato che le medicine fanno bene a chi sta male, e che quindi su chi non ne ha bisogno faranno solo dei danni.
Da un punto di vista legale il doping e le sostanze dopanti risultano vietate dai regolamenti del CIO (comitato olimpico internazionale), e qualunque atleta risulti essere positivo ai controlli anti doping subisce una squalifica dalle competizioni per un dato periodo di tempo (a volte anche a vita). Va inoltre ricordato che negli ultimi anni in molti paesi (tra cui l’Italia) il doping è diventato reato sotto forma di frode sportiva. In base a queste leggi risulta perseguibile non solo l’atleta che ha fatto uso di farmaci, ma anche il medico che glieli ha prescritti e il fornitore che glieli ha procurati.
La diffusione del doping risale agli anni cinquanta, nell’Europa dell’est, dove veniva applicato in maniera sistematica a tutti gli atleti che partecipavano alle olimpiadi. Poco si sapeva di eventuali effetti collaterali, mentre evidenti erano i miglioramenti fisici, specialmente per le donne che per diventare più forti e resistenti venivano trattate con ormoni maschili come il testosterone (che se presente in grandi quantità espone l’organismo ad un maggiore rischio di cancro). I danni per gli atleti furono però devastanti, e ci furono anche delle donne (come la pesista Heidi Krieger) che a causa delle eccessive mutazioni fisiche furono costrette a diventare uomini.
Nonostante i controlli, quello del doping è un fenomeno che non riguarda solo gli atleti agonistici, ma anche chi pratica sport a livello dilettantistico ed amatoriale, e solo in Italia il giro d’affari che ne deriva supera i 600 milioni di euro.
Come ultimo pensiero vorrei parlare del doping da un punto di vista logico: se in una gara un corridore arriva secondo e un tizio in moto arriva primo, il tizio in moto se la merita davvero la vittoria?
1 A

Il rispetto delle regole è un aspetto fondamentale nella società; i giovani di oggi si “allenano” alla vita in società attraverso lo sport e il rispetto delle sue regole.
Nonostante si senta parlare continuamente di fair play, ancora oggi, nel 2014, soprattutto negli stadi italiani vediamo gente che discrimina i giocatori per il colore della loro pelle, oppure che, durante partite di calcio, riesce a provocare risse anche solo per una sciocchezza. Nello sport sono presenti anche alcuni atleti che, per vincere gare ed essere più forti, assumono sostanze dopanti che, con il passare del tempo, faranno solo del male al proprio corpo, senza contare che, in realtà, ingannano principalmente se stessi.
A dimostrazione di quanto detto, episodi di questo genere sono all’ordine del giorno: ad esempio pensiamo ai vari episodi razzisti che si sono verificati da parte di alcuni tifosi nei confronti di alcuni giocatori come Mario Balotelli, fischiato e discriminato solo per il colore della sua pelle, oppure, a Marco Pantani, un grande campione italiano di ciclismo che, dopo aver vinto tutto il possibile, è entrato nel giro del doping, che lo ha intrappolato per qualche anno prima della sua morte.
Secondo me, invece, lo sport è una cosa meravigliosa, nonostante ci sia tanta disonestà e mancanza di rispetto delle regole. Il vero sport si manifesta soprattutto nel Fair Play vero e disinteressato, Fair Play che è raro, ma esistente. Ad esempio, alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014 due sciatrici arrivate prime a pari merito con lo stesso tempo, sono salite sul podio tenendosi per mano e si sono abbracciate, facendo vedere al mondo un episodio di Fair Play che tutti gli atleti di ogni sport dovrebbero prendere come esempio. Questo è stato un gesto molto bello, perché hanno assunto entrambe un comportamento rispettoso l’una verso l’altra.
Proprio di Fair Play si è parlato all’incontro di sabato 29 marzo in cui Alberto Calderoni e alcuni responsabili del Forlì Calcio ci hanno presentato il loro progetto “Un capitano per amico”. In quest’occasione è stato sottolineato il fatto che, anche se oggi siamo abituati a vedere in televisione o al computer soprattutto persone litigiose che si offendono e si picchiano, mancando di rispetto all’avversario, non dovremmo mai dimenticarci della fratellanza e del rispetto, valori che sembrano molto rari. Il metodo utilizzato è stato presentare tre “Opere d’arte” in senso lato: la Cappella Sistina di Michelangelo a Roma, Yuri Chechi alle olimpiadi di Atlanta 1996 e la maratoneta Gabriela Andersen che, con le ultime forze e la tenacia rimaste, taglia il traguardo alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 giungendo barcollante e al limite del collasso, 37esima!!! Tre opere di carattere completamente diverso, ma che hanno una grande importanza a livello storico e sociale. La presentazione è terminata con una scritta inanimata “Forlì 2014”, come ad invitare ciascun presente a “disegnare” la propria opera d’arte nel rispetto del Fair Play. Un grande progetto che dimostra che ogni singola persona può dare il suo contributo ad un mondo più onesto e rispettoso delle regole.
Biscaglia


Sabato 29 Marzo 2014 a scuola si è tenuto l’incontro con due dirigenti della squadra calcistica del Forlì ed Alberto Calderoni, ex capitano del medesimo team, per riflettere sull’importanza dello sport e della sua influenza sulla nostra vita, dei suoi vantaggi, ma anche sulle difficoltà ed i sacrifici che esso comporta. E’ stata una lezione insolita e molto educativa, avente il fine di avvicinare i ragazzi al mondo dell’attività fisica rendendoli partecipi delle molte testimonianze ed emozioni di chi ne fa parte, coinvolgendoli però anche sul campo della quotidianità, proponendo argomenti e discussioni che possono essere applicati nella vita di tutti i giorni.
Attraverso le parole degli organizzatori dell’evento è stato possibile riconoscere che qualunque sia lo sport in questione, vincere non è mai la cosa più importante. Ciò che importa davvero è impegnarsi, credere in ciò che si fa e nei propri obiettivi, dare sempre il massimo di sé stessi e mai arrendersi, perché niente è impossibile; non conta il risultato, in quanto se è questo lo spirito con il quale si gioca, si è già vincitori. Questa è una riflessione che si adatta perfettamente a moltissimi ambiti anche al di fuori di quello sportivo, come ad esempio la scuola.
Durante lo svolgimento del progetto è avvenuta inoltre la visione di alcuni video, i quali ci hanno permesso di capire ciò che lo sport significa per un atleta, le emozioni che trasmette e le soddisfazioni che esso può dare. Abbiamo compreso che gli obiettivi ai quali si può aspirare possono essere molto diversi, e che, per alcune persone, anche raggiungere la fine di una gara, magari senza vincere ma sapendo di avercela fatta, può essere un grande traguardo.
Un altro aspetto fondamentale del quale si è parlato è la lealtà. Essa assume un ruolo di grande importanza, insieme al rispetto nei confronti degli altri, perché garantisce un ambiente sereno e allo stesso tempo permette all’atleta di mettere in pratica le sue capacità attraverso lo sforzo per raggiungere l’obiettivo prefissato, il tutto senza liti con gli avversari. In fondo, non è molto meglio così? Preferire l’amaro di una sconfitta, ma con l’orgoglio e la consapevolezza di essersi sempre impegnati e aver tentato fino alla fine, rispetto alla gioia di una vittoria conquistata con l’inganno? Vivere al massimo le emozioni provate durante il gioco, sentire la fatica, il sudore, la gioia, e anche la delusione. Perché alla fine sbagliare non è un male. Ci permette di imparare dai nostri errori, rialzarci dalle cadute e provare ancora e ancora, senza arrendersi, finché non raggiungiamo il nostro traguardo.
Giuliani


A volte corri per vincere, ti alleni duramente per molti anni con tanto sudore, sofferenze per i crampi.
Senti la paura prima di ogni gara, c'è chi la descrive dicendo di avere le farfalle nello stomaco o chi dice che ha le gambe che fanno “Giacomo-Giacomo”...
C'è chi si carica sentendo il tifo sugli spalti e chi invece si intimorisce per questo.
C'è chi “a tutti i costi” vuole vincere ma, per fortuna, non succede tutte le volte!
Infatti c'è stato anche chi ha vinto perdendo! Sì, proprio vincere nel momento in cui stai perdendo poiché, con un gesto insolito, destinato a rimanere impresso nella mente di tutte le persone presenti, può succedere anche questo.
Un gesto che ha colpito anche me, anche se non capisco come una persona, dopo tanti anni di duro lavoro possa, ad un passo dal traguardo, decidere di arrestare la propria corsa per andare ad aiutare un avversario caduto pochi metri prima del traguardo, fermarsi per permettergli di finire la gara, se da vincitore o da sconfitto poco importa, l'importante, in quel momento, era concluderla.
Questa è la storia di un video mostratoci da tre rappresentati dell'Associazione sportiva Forlì calcio, con lo scopo di insegnare a noi studenti una regola ancora non molto conosciuta e difficile da mantenere, quale quella del Fair play.
La lezione è stata condotta da Alberto Calderoni, ex capitano della prima squadra del Forlì, interessato a trasmetterci l'insegnamento che ha potuto trarre da tutti gli anni passati, ma soprattutto la correttezza che occorre sempre applicare, nel sacrificio e nella fatica in qualsiasi cosa si faccia, nel rispetto dell'avversario e nel riuscire ad essere così lucidi da potersi fermare e riflettere o lasciar prevalere l'altruismo, senza vergognarsi, anche in una gara di sport.
Però molto spesso la passione che uno sportivo impiega viene spenta da una sostanza che inizialmente ti fa sentire forte, potente, essa prende il nome di doping, una droga che tenta di far diventare migliori con l'inganno.
Gli sportivi che ricorrono al doping vogliono raggiungere l'obbiettivo senza fatica, ma il doping è anche altro, è corruzione...
Lo sport dovrebbe comprendere entusiasmo per la partecipazione, consapevolezza delle proprie capacità, rispetto per l'avversario ma, soprattutto, divertimento nel rispetto delle regole, per mettere in gioco in primis le proprie capacità, ma il doping oltre a rovinare tutte le qualità di uno sport rovina anche la salute di chi ne fa uso.
Sabato con i rappresentati, ne abbiamo discusso, e ci hanno letto una testimonianza di un'atleta che ha fatto uso di doping; in questa dichiarazione Giuliana Salce racconta la sua storia, ovvero come lei era dopo essersi dopata per quattro mesi, smise di praticare sport perché iniziò a risentire degli effetti collaterali, e dopo un periodo di disoccupazione e dopo essersi autodenunciata ha trovato un lavoro come operatrice ecologica.
Il meeting si è concluso con un filmato che ha lasciato senza parole tutti le persone presenti: in questo video si poteva capire molto bene quanto uno sport può essere importante, ma soprattutto essenziale per la vita di uno sportivo, e per quest'ultimo il sudore che impiega sta a significare l'amore e la dedizione di una passione che molte volte viene posta come priorità.
Tessa Lombardi 1^C

Sabato 29 marzo 2014, nella sala Icaro 1 della nostra scuola, noi alunni delle classi prime abbiamo partecipato al progetto “Un capitano per amico”. Abbiamo incontrato l’ex capitano del Forlì calcio: Alberto Calderoni che ha voluto spiegarci quali sono, secondo lui, i veri valori della vita e dello sport. Per l’ex capitano del Forlì è importante che ciascuno di noi segua la strada in cui crede, senza arrendersi mai e soprattutto senza imboccare scorciatoie che si potrebbero rivelare molto pericolose. Proprio come nella vita, anche nello sport ci vogliono sacrificio, dedizione e costanza; insomma, non dobbiamo mai smettere di credere in noi stessi! L’obiettivo principale dell’incontro era mettere in primo piano l’importanza del rispetto delle regole, partendo dallo sport come modello di vita. I vari ospiti intervenuti ci hanno anche parlato del problema del doping e del fair play. Purtroppo il doping si sta diffondendo ovunque: gli atleti assumono queste sostanze proibite per essere più forti ma non si rendono conto che mettono una grave ipoteca sulla loro salute. Le sostanze che assumono, infatti, danno una sensazione di forza e potenza ma quale sarà nel futuro il loro effetto sul corpo di chi le assume? Credo che ciascuno di noi abbia dei limiti e debba accettarli; è inutile voler essere il migliore se poi bisogna ricorrere a questi “trucchetti”! E’ come vincere un premio senza meritarlo veramente! Ci è stata inoltre letta la lettera scritta da una marciatrice che, a fine carriera, si era dedicata al ciclismo a livello europeo. Questa atleta, Giuliana Salce, è stata costretta a doparsi per circa quattro mesi da un consigliere della Federazione ciclistica che decideva sostanze, tempi e dosi. All’inizio, la Sig.ra Salce si sentiva onnipotente e imbattibile poi, dopo la morte di Marco Pantani, ha deciso di ribellarsi combattendo il doping e denunciando la terribile situazione. Giuliana è stata un’atleta che macinava una vittoria dietro l’altra, poi, purtroppo, con l’arrivo del doping tutti i suoi sogni si sono infranti contro un muro di cemento ed è proprio per questo che vuole che la sua testimonianza sia ascoltata da noi ragazzi.
Il doping è paragonabile all’alcool e alla droga, crea dipendenza e anche se ti porta velocemente in vetta altrettanto velocemente ti fa precipitare in un abisso di disperazione. E’ necessario che noi giovani siamo informati affinché ci salviamo da una visione “drogata” dello sport e della vita. Se il doping rappresenta la strada da non perseguire dello sport, ne esistono però tante di positive; ci è stato mostrato un video che riportava un bellissimo esempio di fair play, verificatosi durante le qualificazioni di atletica leggera per le Olimpiadi. Nella gara l’atleta al primo posto si è sentita male e la sua avversaria, in seconda posizione, l’ha aiutata ad arrivare fino al traguardo mettendola poi davanti a sé. Questo gesto è da ricordare ma non dovrebbe rimanere isolato per poter rendere lo sport un’attività veramente sana e appassionante. Portare un cambiamento e un’aria fresca e limpida sullo sport è compito di noi giovani che, partendo dalle nostre piccole sfide sportive e non, dovremmo imparare a essere noi stessi accettando i nostri limiti e riconoscendo che nessuno di noi è il migliore ma che uniti siamo una vera e propria forza. Quest’inverno ho assistito a un incontro di pallavolo della squadra femminile del Forlì e mi ha colpito favorevolmente il loro affiatamento: che riuscissero in ricezione o che il punto andasse alle avversarie era un continuo incitarsi a vicenda; non ho mai visto “musi lunghi” se una compagna non prendeva una palla. Questo per me è il vero significato dello sport: AVANTI SI, MA TUTTI INSIEME!!!
Diletta Miserocchi 1 D