La riforma della
Lega Pro è un obbrobrio contro il quale è inutile scagliarsi. Gli addetti ai
lavori lavorano cercando di tamponare le emorragie provocate dalla microscopica
lungimiranza di Macalli & C. Prediamo il Forlì. A gennaio (il mercato parte ufficialmente il 3) la società
guidata da Romano Conficconi interverrà sul mercato. Spenderà fior di
quattrini per mettere in campo nel girone di ritorno un undici ultra
competitivo, che riesca nell’impresa di salvarsi. Troppo importante restare nel
calcio professionistico, per questo tutte o quasi le società di Seconda metteranno
pesantemente mano al portafogli estraendo anche quello che non hanno pur di
mettere in condizione gli allenatori di vincere più partite possibili.
All’orizzonte infatti ci sono solo due scenari possibili: retrocessione in D
(quindi zero contributi federali, dirigenza da sfoltire, riorganizzazione
societaria, difficoltà altissime di ritorno nei prof) oppure permanenza in Lega
Pro col salto in lungo nella terza serie nazionale. Nelle 100 elette del calcio
italiano.
Già il problema è
che anche il secondo scenario – la salvezza e quindi la promozione – porterà
con sé difficoltà più che enormi. Le prime otto, dissanguate dalla stagione in
corso enormemente dispendiosa, dovranno vedersela il prossimo anno con
società che hanno affrontato quest’anno una Prima Divisione senza
retrocessioni. Quindi hanno risparmiato tantissimo sugli ingaggi ricevendo
tantissimo per l’impiego dei giovani calciatori. Sarà, quindi, un confronto già
in partenza spaventosamente impari (senza pensare a quelle che saranno
ripescate a fine luglio).
Non vorrei essere nei panni di chi retrocede, ma
anche chi si salverà dovrà affrontare, la prossima estate, problemi mai
esistiti nella storia del calcio italiano.