giovedì 20 novembre 2014

Non chiamatelo derby



Solo per voi Mattia Sansavini, forlimpopolese di evidente talento che il Carlino ha portato a Ferrara, racconta a modo suo cos'è la Spal da quelle parti. Buona lettura. 

Sulla sponda del Po un uomo sta guardando la piena. E' un ferrarese emigrato in Olanda che torna a casa due volte l'anno: «Per vedere il Po e per vedere la Spal». Il giubbetto da allenamento della Spal è legato alla vita: «Vedere la squadra almeno una volta l'anno è un sapore al quale non rinuncio». Un retrogusto da portare ad Amsterdam. Cos'è la squadra di Ferrara? A Ferrara uno stile di vita. Anzi: una sensazione di grandeur (un po' perduta) che accompagna le generazioni. Nei bar il poster uscito col Carlino campeggia sulle porte dei bagni e dietro ai banconi. «Ci sono il Pisa e l'Ascoli – spiega un barista – poi veniamo noi, se quel Germinale inizia a segnare». E' una città da sognare: lo stadio, celeste, non è solo un richiamo ai colori ma, per un forestiero, la sensazione di stare in cielo, nonostante la bassa della Lega Pro. Poi il campo di allenamento, a due passi dall'ipercoop. Qui le auto intasano la rotonda per affacciarsi sul campetto dei 'semidei'. L'impressione è che ci credano un sacco, a partire da Walter Mattioli, il presidente che assomiglia, per temperamento, a Massimo Ferrero della Sampdoria. Su Mattioli appena due considerazioni: regala titoli ed è ammantato dall'aura di capopopolo. La piadina romagnola è un dolce ricordo che si perde tra la bruma eppure il pane ferrarese, magari scaldato nel forno da pizza, vale la pena di essere assaggiato. Forlì, non aspettarti aria da derby. Per la Spal la madre di tutte le rivalità è a 20 minuti da qui, sull'A13: Bologna. Un po' per la rivalità geografica, un po' perché i ferraresi si sentono, comunque, spiritualmente lassù. Ma aspettatevi, direbbe 'Pippo mio' Inzaghi, un bel po' di bolgia.
ms