Di seguito i temi scritti dai ragazzi del liceo classico dopo l'incontro con Kalle, penultimo stagionale.
Sport. Cos’è lo
sport? Lo sport è il praticare un’ attività fisica (svolta da soli o in
squadra) volta a migliorare sia le capacità fisiche che mentali dell’atleta. Lo
sport non è solo competizione, l’importante non è arrivare primi. Lo sport è
fatto di tante cose: di fatica, sì, ma anche di soddisfazione, la soddisfazione
di aver dato il massimo, di essere stati leali e rispettosi (anche con chi non
lo è stato), con la consapevolezza di poter sempre migliorare e di poter fare
sempre affidamento su altre persone (compagni di squadra, allenatore, genitori
…) anche quando si è in difficoltà.
A tal proposito
appunto alcune parti di una lettera scritta da Matteo Balestri, membro della
nostra classe che si dedica al gioco del calcio presso la “Pianta”, una società
sportiva di Forlì. “ Il calcio è uno sport di squadra, che mi ha insegnato a
consolidare lo spirito di gruppo. Vincere o perdere una partita non dipende tanto
dalla prestazione personale, ma da quella della squadra. Noi ragazzi siamo una
collettività, e tra noi non vi è competizione, ma spirito di collaborazione
(come ci ha detto l’ex capitano del Forlì Roberto Calderoni durante l’incontro
tenutosi a scuola), e per questo è fondamentale non accusarsi reciprocamente
della sconfitta, ma incoraggiarsi ed aiutarsi, soprattutto nel momento del
bisogno. Praticare uno sport individuale è molto più difficile, perché
generalmente si mira più al successo personale che allo spirito di gruppo, e
questo per mostrare al meglio le proprie capacità. Lo sport non deve essere una
guerra tra atleti, ma deve insegnare a tutti a relazionarsi con gli altri in
maniera sana ed efficace. Nella vita è fondamentale mettersi in gioco , e saper
affrontare in maniera efficace sia le vittorie che le sconfitte, per imparare
soprattutto dalle ultime, ed è per questo che io credo che lo sport abbia un
ruolo centrale sia nella mia vita che in quella degli altri. Lo sport oggi non
è ben visto, per tutto ciò che riguarda le scommesse illegali, il fanatismo (e
a volte anche razzismo) dei tifosi, la spesso cattiva condotta degli idoli
sportivi e infine anche il doping, che riduce lo spirito dello sport ad una
pillola o una siringa.”.
Ma torniamo alla fatica.
Svolgere un qualsiasi tipo di attività fisica è in sé stancante (anche a
camminare ci si stanca), ma alcuni sport richiedo dei sacrifici non
trascurabili. Per chi fa sport per tenersi in forma non sono poi cose così
significative, ma per quelle persone che praticano sport a livello agonistico
(e che sullo sport ci basano la loro vita, perché è quello il loro lavoro) le
regole si fanno più rigide: bisogna tenersi costantemente in esercizio, non
bere e non fumare al fine di restare in salute, avere una dieta giusta ed
equilibrata, mantenere il giusto atteggiamento mentale per essere sicuri delle
proprie possibilità, cercando costantemente di migliorare, di fare anche un
solo passo avanti, perché migliorare non solo si può, ma si deve. Ma un’atleta
non può migliorare all’infinito: anche se c’è chi ha un margine di progresso
più esteso e chi ne ha uno più ristretto, tutti hanno un limite oltre il quale
non si può andare. Questo è un dato di fatto, e lo si deve accettare. Bisogna
ricordare bene che l’importante non è vincere, ma aver dato il massimo delle
proprie possibilità.
Ma non sempre lo si
accetta. Tra i tanti atleti onesti e “dai metodi tradizionali” ce ne sono altri
che vogliono ottenere il massimo risultato col minimo sforzo, ridurre i tempi
di miglioramento e superare il loro limite fisiologico. Ed è così che
introduciamo l’argomento principale di questo manifesto: il doping.
Per definizione, il
doping è l’assunzione di sostanze stupefacenti al fine di avere un innaturale
miglioramento delle proprie capacità (in questo caso fisiche).
Per alcuni atleti (e
per i medici che si arricchiscono prescrivendoglieli) questi farmaci
rappresentano il futuro: essi hanno il potere di trasformarti un atleta
perfetto, con forza e velocità mostruose, e diminuiscono sensibilmente la
percezione della fatica, consentendo di compiere sforzi più prolungati e
faticosi. Ma non è forse troppo bello? Come in tutte le cose, anche qui bisogna
riconoscere l’altra faccia della medaglia. Da un punto di vista personale
doparsi è una cosa giusta, se l’atleta che si dopa è disposto ad andare
incontro ad un accelerato processo di decadimento fisico e psicologico causato
da effetti come la deformazione ossea dovuta ad un eccessivo ed incontrollato
aumento della massa muscolare, all’intasamento delle arterie a causa
dell’eccessivo numero di globuli rossi (che vengono somministrati per aumentare
l’apporto di energia ai muscoli), tumori che sono provocati dalle alterazioni
che i farmaci causano ai vari tessuti muscolari, malattie come quella di
Creutzfeld, che provoca un forte decadimento mentale (che può risultare anche
fatale), disturbi alle ghiandole ormonali (come la tiroide) con consecutive
disfunzioni … va poi ricordato che le medicine fanno bene a chi sta male, e che
quindi su chi non ne ha bisogno faranno solo dei danni.
Da un punto di vista
legale il doping e le sostanze dopanti risultano vietate dai regolamenti del
CIO (comitato olimpico internazionale), e qualunque atleta risulti essere
positivo ai controlli anti doping subisce una squalifica dalle competizioni per
un dato periodo di tempo (a volte anche a vita). Va inoltre ricordato che negli
ultimi anni in molti paesi (tra cui l’Italia) il doping è diventato reato sotto
forma di frode sportiva. In base a queste leggi risulta perseguibile non solo
l’atleta che ha fatto uso di farmaci, ma anche il medico che glieli ha
prescritti e il fornitore che glieli ha procurati.
La diffusione del
doping risale agli anni cinquanta, nell’Europa dell’est, dove veniva applicato
in maniera sistematica a tutti gli atleti che partecipavano alle olimpiadi.
Poco si sapeva di eventuali effetti collaterali, mentre evidenti erano i
miglioramenti fisici, specialmente per le donne che per diventare più forti e
resistenti venivano trattate con ormoni maschili come il testosterone (che se
presente in grandi quantità espone l’organismo ad un maggiore rischio di
cancro). I danni per gli atleti furono però devastanti, e ci furono anche delle
donne (come la pesista Heidi Krieger) che a causa delle eccessive mutazioni fisiche
furono costrette a diventare uomini.
Nonostante i
controlli, quello del doping è un fenomeno che non riguarda solo gli atleti
agonistici, ma anche chi pratica sport a livello dilettantistico ed amatoriale,
e solo in Italia il giro d’affari che ne deriva supera i 600 milioni di euro.
Come ultimo pensiero
vorrei parlare del doping da un punto di vista logico: se in una gara un
corridore arriva secondo e un tizio in moto arriva primo, il tizio in moto se
la merita davvero la vittoria?
Il rispetto delle regole è un aspetto fondamentale nella società; i giovani di oggi si “allenano” alla vita in società attraverso lo sport e il rispetto delle sue regole.
Nonostante si senta parlare continuamente di fair play,
ancora oggi, nel 2014, soprattutto negli stadi italiani vediamo gente che
discrimina i giocatori per il colore della loro pelle, oppure che, durante
partite di calcio, riesce a provocare risse anche solo per una sciocchezza.
Nello sport sono presenti anche alcuni atleti che, per vincere gare ed essere
più forti, assumono sostanze dopanti che, con il passare del tempo, faranno
solo del male al proprio corpo, senza contare che, in realtà, ingannano
principalmente se stessi.
A dimostrazione di quanto detto, episodi di questo genere
sono all’ordine del giorno: ad esempio pensiamo ai vari episodi razzisti che si
sono verificati da parte di alcuni tifosi nei confronti di alcuni giocatori
come Mario Balotelli, fischiato e discriminato solo per il colore della sua
pelle, oppure, a Marco Pantani, un grande campione italiano di ciclismo che,
dopo aver vinto tutto il possibile, è entrato nel giro del doping, che lo ha
intrappolato per qualche anno prima della sua morte.
Secondo me, invece, lo sport è una cosa meravigliosa,
nonostante ci sia tanta disonestà e mancanza di rispetto delle regole. Il vero
sport si manifesta soprattutto nel Fair Play vero e disinteressato, Fair Play
che è raro, ma esistente. Ad esempio, alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014
due sciatrici arrivate prime a pari merito con lo stesso tempo, sono salite sul
podio tenendosi per mano e si sono abbracciate, facendo vedere al mondo un
episodio di Fair Play che tutti gli atleti di ogni sport dovrebbero prendere
come esempio. Questo è stato un gesto molto bello, perché hanno assunto
entrambe un comportamento rispettoso l’una verso l’altra.
Proprio di Fair Play si è parlato all’incontro di sabato 29
marzo in cui Alberto Calderoni e alcuni responsabili del Forlì Calcio ci hanno
presentato il loro progetto “Un capitano per amico”. In quest’occasione è stato
sottolineato il fatto che, anche se oggi siamo abituati a vedere in televisione
o al computer soprattutto persone litigiose che si offendono e si picchiano,
mancando di rispetto all’avversario, non dovremmo mai dimenticarci della
fratellanza e del rispetto, valori che sembrano molto rari. Il metodo
utilizzato è stato presentare tre “Opere d’arte” in senso lato: la Cappella
Sistina di Michelangelo a Roma, Yuri Chechi alle olimpiadi di Atlanta 1996 e la
maratoneta Gabriela Andersen che, con le ultime forze e la tenacia rimaste,
taglia il traguardo alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 giungendo
barcollante e al limite del collasso, 37esima!!! Tre opere di carattere
completamente diverso, ma che hanno una grande importanza a livello storico e
sociale. La presentazione è terminata con una scritta inanimata “Forlì 2014”,
come ad invitare ciascun presente a “disegnare” la propria opera d’arte nel
rispetto del Fair Play. Un grande progetto che dimostra che ogni singola
persona può dare il suo contributo ad un mondo più onesto e rispettoso delle regole.
Biscaglia
Sabato 29 Marzo 2014
a scuola si è tenuto l’incontro con due dirigenti della squadra calcistica del
Forlì ed Alberto Calderoni, ex capitano del medesimo team, per riflettere
sull’importanza dello sport e della sua influenza sulla nostra vita, dei suoi
vantaggi, ma anche sulle difficoltà ed i sacrifici che esso comporta. E’ stata
una lezione insolita e molto educativa, avente il fine di avvicinare i ragazzi
al mondo dell’attività fisica rendendoli partecipi delle molte testimonianze ed
emozioni di chi ne fa parte, coinvolgendoli però anche sul campo della
quotidianità, proponendo argomenti e discussioni che possono essere applicati
nella vita di tutti i giorni.
Attraverso le parole degli organizzatori dell’evento è stato
possibile riconoscere che qualunque sia lo sport in questione, vincere non è
mai la cosa più importante. Ciò che importa davvero è impegnarsi, credere in
ciò che si fa e nei propri obiettivi, dare sempre il massimo di sé stessi e mai
arrendersi, perché niente è impossibile; non conta il risultato, in quanto se è
questo lo spirito con il quale si gioca, si è già vincitori. Questa è una
riflessione che si adatta perfettamente a moltissimi ambiti anche al di fuori
di quello sportivo, come ad esempio la scuola.
Durante lo svolgimento del progetto è avvenuta inoltre la
visione di alcuni video, i quali ci hanno permesso di capire ciò che lo sport
significa per un atleta, le emozioni che trasmette e le soddisfazioni che esso
può dare. Abbiamo compreso che gli obiettivi ai quali si può aspirare possono
essere molto diversi, e che, per alcune persone, anche raggiungere la fine di
una gara, magari senza vincere ma sapendo di avercela fatta, può essere un
grande traguardo.
Un altro aspetto fondamentale del quale si è parlato è la
lealtà. Essa assume un ruolo di grande importanza, insieme al rispetto nei
confronti degli altri, perché garantisce un ambiente sereno e allo stesso tempo
permette all’atleta di mettere in pratica le sue capacità attraverso lo sforzo
per raggiungere l’obiettivo prefissato, il tutto senza liti con gli avversari.
In fondo, non è molto meglio così? Preferire l’amaro di una sconfitta, ma con
l’orgoglio e la consapevolezza di essersi sempre impegnati e aver tentato fino
alla fine, rispetto alla gioia di una vittoria conquistata con l’inganno?
Vivere al massimo le emozioni provate durante il gioco, sentire la fatica, il sudore,
la gioia, e anche la delusione. Perché alla fine sbagliare non è un male. Ci
permette di imparare dai nostri errori, rialzarci dalle cadute e provare ancora
e ancora, senza arrendersi, finché non raggiungiamo il nostro traguardo.
Giuliani
A volte corri per vincere, ti alleni duramente per molti
anni con tanto sudore, sofferenze per i crampi.
Senti la paura prima di ogni gara, c'è chi la descrive
dicendo di avere le farfalle nello stomaco o chi dice che ha le gambe che fanno
“Giacomo-Giacomo”...
C'è chi si carica sentendo il tifo sugli spalti e chi invece
si intimorisce per questo.
C'è chi “a tutti i costi” vuole vincere ma, per fortuna, non
succede tutte le volte!
Infatti c'è stato anche chi ha vinto perdendo! Sì, proprio
vincere nel momento in cui stai perdendo poiché, con un gesto insolito,
destinato a rimanere impresso nella mente di tutte le persone presenti, può
succedere anche questo.
Un gesto che ha colpito anche me, anche se non capisco come
una persona, dopo tanti anni di duro lavoro possa, ad un passo dal traguardo,
decidere di arrestare la propria corsa per andare ad aiutare un avversario
caduto pochi metri prima del traguardo, fermarsi per permettergli di finire la
gara, se da vincitore o da sconfitto poco importa, l'importante, in quel
momento, era concluderla.
Questa è la storia di un video mostratoci da tre
rappresentati dell'Associazione sportiva Forlì calcio, con lo scopo di
insegnare a noi studenti una regola ancora non molto conosciuta e difficile da
mantenere, quale quella del Fair play.
La lezione è stata condotta da Alberto Calderoni, ex
capitano della prima squadra del Forlì, interessato a trasmetterci
l'insegnamento che ha potuto trarre da tutti gli anni passati, ma soprattutto
la correttezza che occorre sempre applicare, nel sacrificio e nella fatica in
qualsiasi cosa si faccia, nel rispetto dell'avversario e nel riuscire ad essere
così lucidi da potersi fermare e riflettere o lasciar prevalere l'altruismo,
senza vergognarsi, anche in una gara di sport.
Però molto spesso la passione che uno sportivo impiega viene
spenta da una sostanza che inizialmente ti fa sentire forte, potente, essa
prende il nome di doping, una droga che tenta di far diventare migliori con
l'inganno.
Gli sportivi che ricorrono al doping vogliono raggiungere
l'obbiettivo senza fatica, ma il doping è anche altro, è corruzione...
Lo sport dovrebbe comprendere entusiasmo per la
partecipazione, consapevolezza delle proprie capacità, rispetto per
l'avversario ma, soprattutto, divertimento nel rispetto delle regole, per
mettere in gioco in primis le proprie capacità, ma il doping oltre a rovinare
tutte le qualità di uno sport rovina anche la salute di chi ne fa uso.
Sabato con i rappresentati, ne abbiamo discusso, e ci hanno
letto una testimonianza di un'atleta che ha fatto uso di doping; in questa
dichiarazione Giuliana Salce racconta la sua storia, ovvero come lei era dopo
essersi dopata per quattro mesi, smise di praticare sport perché iniziò a
risentire degli effetti collaterali, e dopo un periodo di disoccupazione e dopo essersi autodenunciata ha trovato un
lavoro come operatrice ecologica.
Il meeting si è concluso con un filmato che ha lasciato
senza parole tutti le persone presenti: in questo video si poteva capire molto
bene quanto uno sport può essere importante, ma soprattutto essenziale per la
vita di uno sportivo, e per quest'ultimo il sudore che impiega sta a
significare l'amore e la dedizione di una passione che molte volte viene posta
come priorità.
Tessa Lombardi 1^C
Sabato 29 marzo 2014, nella sala Icaro 1 della nostra
scuola, noi alunni delle classi prime abbiamo partecipato al progetto “Un
capitano per amico”. Abbiamo incontrato l’ex capitano del Forlì calcio: Alberto
Calderoni che ha voluto spiegarci quali sono, secondo lui, i veri valori della
vita e dello sport. Per l’ex capitano del Forlì è importante che ciascuno di
noi segua la strada in cui crede, senza arrendersi mai e soprattutto senza
imboccare scorciatoie che si potrebbero rivelare molto pericolose. Proprio come
nella vita, anche nello sport ci vogliono sacrificio, dedizione e costanza;
insomma, non dobbiamo mai smettere di credere in noi stessi! L’obiettivo
principale dell’incontro era mettere in primo piano l’importanza del rispetto
delle regole, partendo dallo sport come modello di vita. I vari ospiti
intervenuti ci hanno anche parlato del problema del doping e del fair play.
Purtroppo il doping si sta diffondendo ovunque: gli atleti assumono queste
sostanze proibite per essere più forti ma non si rendono conto che mettono una
grave ipoteca sulla loro salute. Le sostanze che assumono, infatti, danno una
sensazione di forza e potenza ma quale sarà nel futuro il loro effetto sul
corpo di chi le assume? Credo che ciascuno di noi abbia dei limiti e debba
accettarli; è inutile voler essere il migliore se poi bisogna ricorrere a
questi “trucchetti”! E’ come vincere un premio senza meritarlo veramente! Ci è
stata inoltre letta la lettera scritta da una marciatrice che, a fine carriera,
si era dedicata al ciclismo a livello europeo. Questa atleta, Giuliana Salce, è
stata costretta a doparsi per circa quattro mesi da un consigliere della
Federazione ciclistica che decideva sostanze, tempi e dosi. All’inizio, la
Sig.ra Salce si sentiva onnipotente e imbattibile poi, dopo la morte di Marco
Pantani, ha deciso di ribellarsi combattendo il doping e denunciando la
terribile situazione. Giuliana è stata un’atleta che macinava una vittoria dietro
l’altra, poi, purtroppo, con l’arrivo del doping tutti i suoi sogni si sono
infranti contro un muro di cemento ed è proprio per questo che vuole che la sua
testimonianza sia ascoltata da noi ragazzi.
Il doping è paragonabile all’alcool e alla droga, crea dipendenza
e anche se ti porta velocemente in vetta altrettanto velocemente ti fa
precipitare in un abisso di disperazione. E’ necessario che noi giovani siamo
informati affinché ci salviamo da una visione “drogata” dello sport e della
vita. Se il doping rappresenta la strada da non perseguire dello sport, ne
esistono però tante di positive; ci è stato mostrato un video che riportava un
bellissimo esempio di fair play, verificatosi durante le qualificazioni di
atletica leggera per le Olimpiadi. Nella gara l’atleta al primo posto si è
sentita male e la sua avversaria, in seconda posizione, l’ha aiutata ad
arrivare fino al traguardo mettendola poi davanti a sé. Questo gesto è da
ricordare ma non dovrebbe rimanere isolato per poter rendere lo sport
un’attività veramente sana e appassionante. Portare un cambiamento e un’aria
fresca e limpida sullo sport è compito di noi giovani che, partendo dalle
nostre piccole sfide sportive e non, dovremmo imparare a essere noi stessi
accettando i nostri limiti e riconoscendo che nessuno di noi è il migliore ma
che uniti siamo una vera e propria forza. Quest’inverno ho assistito a un
incontro di pallavolo della squadra femminile del Forlì e mi ha colpito
favorevolmente il loro affiatamento: che riuscissero in ricezione o che il
punto andasse alle avversarie era un continuo incitarsi a vicenda; non ho mai
visto “musi lunghi” se una compagna non prendeva una palla. Questo per me è il
vero significato dello sport: AVANTI SI, MA TUTTI INSIEME!!!
Diletta Miserocchi 1 D
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